13 marzo 2007

L'altra Italia: Forza!

Io lo sostengo da anni. Adesso lo dice anche il corrierone nazionale:

"Le italiane, gli italiani (e i pubblicitari italiani) stanno scoprendo una nuova squadra per la quale fare il tifo, soffrire, gioire e sulla quale investire. Sono i ragazzi del rugby. Piacciono i Mauro e Mirco Bergamasco, i Troncon, i Parisse, gli Scanavacca e i Pez. E se forse il Times ha esagerato scrivendo che «L'Italia travolta dagli scandali del calcio ha trovato un gruppo di nuovi eroi dei quali andare fiera», è un fatto che per i rugbisti molti si siano messi in coda. Piacciono, i rugbisti, perché sono meno banali di quanto uno possa aspettarsi (molti sono iscritti all'università, quasi tutti parlano due, tre lingue) e perché rappresentano qualcosa, valori per la precisione. Il loro è uno sport particolare e basta andare una volta a vedere una partita per rendersene conto. Negli stadi del rugby non ci sono reti né poliziotti, i tifosi sono mischiati, gli arbitri non si discutono e i giocatori, dopo essersele date di santa ragione, si abbracciano e vanno a mangiare e bere insieme, come vecchi amici, al terzo tempo («La pace più bella del mondo dopo la guerra» secondo il grande del passato Marco Bollesan). «Il rugby è duro ma rappresenta i veri valori dello sport» ha detto il ministro dello Sport Giovanna Melandri l'8 marzo, quando andò a salutare gli azzurri reduci dal trionfo di Edimburgo. Proprio lassù, in Scozia, lo scorso 24 febbraio, l'Italia del rugby cambiò la sua vita perché quella di Murrayfield resta la madre di tutte le vittorie e l'origine di quello che è venuto dopo. Fino a un mese fa il Flaminio, 25 mila spettatori scarsi, piccola parrocchia paragonata alle cattedrali britanniche, sembrava più che sufficiente per le partite della nazionale. Adesso non più. I biglietti non si trovano e la federazione ha dovuto dire no a migliaia di richieste di gente comune e a centinaia di richieste di gente meno comune. Giancarlo Dondi, il presidente, si aspetta che qualcosa succeda e minaccia, in caso contrario, di portare la nazionale a Bologna. Non sarebbe una bella cosa, ma potrebbe succedere. Quelli del rugby parlano poco. Ma quando dicono una cosa, di solito la fanno."

(Domenico Calcagno, corriere.it 13/03/07)

1 commento:

Unknown ha detto...

Saluti dalla catalogna!